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"Non nobis Domine, non nobis, sed nomini Tuo da gloriam", motto dell'Ordine dei Cavalieri Templari, Pauperes commilitones Christi templique Salomonis

"Ciò che insegui ti sfugge, ciò cui sfuggi ti insegue" (aneddotica orientale, paragonabile alla nostra "chi ha pane non ha denti e chi ha denti non ha pane")

"Quello che mi ha sorpreso di più negli uomini dell'Occidente è che perdono la salute per fare soldi. E poi perdono i soldi per recuperare la salute. Pensano tanto al futuro che dimenticano di vivere il presente in tale maniera che non riescono a vivere nè il presente nè il futuro. Sono come se non dovessero morire mai e muoiono come se non avessero mai vissuto."
(Dalai Lama)

"A l'è mei mangè pan e siuli, putòst che vendsi a quaicadun" (Primo Doria, detto "il Principe")

"Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono. Poi vinci." Mahatma Gandhi

L'Italia non è una nazione ma un continente in miniatura con una straordinaria biodiversità e pluralità antropologica (Claudio Martinotti Doria)

Il proprio punto di vista, spesso è una visuale parziale e sfocata di un pertugio che da su un vicolo dove girano una fiction ... Molti credono sia la realtà ed i più motivati si mettono pure ad insegnare qualche tecnica per meglio osservare dal pertugio (Claudio Martinotti Doria)

Lo scopo primario della vita è semplicemente di sperimentare l'amore in tutte le sue molteplici modalità di manifestazione e di evolverci spiritualmente come individui e collettivamente (È “l'Amor che move il sole e le altre stelle”, scriveva Dante Alighieri, "un'unica Forza unisce infiniti mondi e li rende vivi", scriveva Giordano Bruno. )

La leadership politica occidentale è talmente poco dotata intellettualmente, culturalmente e spiritualmente, priva di qualsiasi perspicacia e lungimiranza, che finirà per portarci alla rovina, ponendo fine alla nostra civiltà. Claudio Martinotti Doria

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Patriă Montisferrati

Patriă Montisferrati
Cliccando sullo stemma del Monferrato potrete seguire su Casale News la rubrica di Storia Locale "Patriă Montisferrati", curata da Claudio Martinotti Doria in collaborazione con Manfredi Lanza, discendente aleramico del marchesi del Vasto - Busca - Lancia, principi di Trabia

Come valorizzare il Monferrato Storico

La Storia, così come il territorio e le sue genti che l’hanno vissuta e ne sono spesso ignoti ed anonimi protagonisti, meritano il massimo rispetto, occorre pertanto accostarsi ad essa con umiltà e desiderio di apprendere e servire. In questo caso si tratta di servire il Monferrato, come priorità rispetto a qualsiasi altra istanza (personale o di campanile), riconoscendo il valore di chi ci ha preceduti e di coloro che hanno contribuito a valorizzarlo, coinvolgendo senza preclusioni tutte le comunità insediate sul territorio del Monferrato Storico, affinché ognuna faccia la sua parte con una visione d’insieme ed un’unica coesa identità storico-culturale condivisa. Se ci si limita a piccole porzioni del Monferrato, per quanto significative, si è perdenti e dispersivi in partenza.

Sarà un percorso lungo e lento ma è l’unico percorribile se si vuole agire veramente per favorire il Monferrato Storico e proporlo con successo come un’unica entità territoriale turistico culturale ed economica …

Il piano neocoloniale di Bibi per Gaza, che ovviamente non tiene conto dei palestinesi

 

Guardate l’immagine qua sotto: non è Montreal, non è Kyoto, non è Abu Dhabi. E’ Gaza, come Netanyahu vorrebbe che diventasse dopo la fine della guerra.

L’immagine è tratta da un documento pubblicato alcuni giorni fa dal PMO israeliano, ovvero l’Ufficio del Primo Ministro (Benjamin Netanyahu), che contiene un “piano per rivitalizzare l’economia di Gaza” dopo l’invasione militare.

Il piano è fortemente improntato ad una logica economica di tipo occidentale: prevede infatti che il porto di Gaza diventi un vero e proprio hub commerciale che colleghi Europa e Medio Oriente tramite il Mediterraneo.

Secondo il piano, sarà una coalizione di paesi arabi (Egitto, Arabia Saudita, EAU, Giordania) a gestire gli aiuti umanitari che arrivano a Gaza. Anche le questioni amministrative saranno gestite da “palestinesi di Gaza”, mentre ovviamente la questione sicurezza resterà fermamente nelle mani di Israele. (Loro, lo sappiamo, hanno il diritto di difendersi. Gli altri no).

Come spiega questo articolo del Jerusalem Post , “Dopo una decina di anni il potere sarà trasferito ai cittadini di Gaza”, ma “solo se sarà avvenuta la completa demilitarizzazione della Striscia, e la cosa sarà comunque soggetta ad un accordo fra ambo le parti.” Quindi – già lo sappiamo - non avverrà mai, perchè Israele sarà sempre bravissimo a trovare una scusa qualunque per non rispettare gli accordi.

Sempre dall’articolo leggiamo: “I vantaggio maggiori che deriveranno agli stati del Golfo che parteciperanno all’accordo, saranno degli accordi difensivi con gli Stati Uniti, e un accesso illimitato ai porti di Gaza sul mediterraneo tramite ferrovie e oleodotti”.

La cosa più stupefacente è vedere come tutto questo avvenga senza che nessuno pensi minimamente di consultare i palestinesi di Gaza. D’altronde, questa è una vecchia abitudine coloniale: già Lord Balfour, nel 1918, aveva dichiarato: “In Palestina non pensiamo nemmeno lontanamente di consultare i desideri degli attuali abitanti di quel paese. Il sionismo, giusto o sbagliato, buono o cattivo che sia, affonda la sue radici in antiche tradizioni, nelle attuali necessità, e nelle future speranze, che sono più profondamente importanti dei desideri e dei pregiudizi dei 700.000 arabi che abitano oggi quella terra antica”.

Non sembra che sia cambiato molto, negli ultimi 100 anni.

Massimo Mazzucco

Il Vaso di Pandora dell'occidente e il punto della situazione in Ucraina

 Zelensky thanks Biden for new aid package

Il Vaso di Pandora dell'occidente


di Giacomo Gabellini per l'AntiDiplomatico

 

Lo scorso 30 aprile, sulla testata ucraina «Stana» si leggeva che il villaggio di Ocheretyne, situato a 15 km di distanza a nord-ovest di Avdiivka, «è stato completamente catturato dall’esercito russo […]. La svolta è stata così rapida e profonda che le forze armate ucraine non riescono ancora a stabilizzare la situazione, mentre i russi continuano ad avanzare». E lo fanno, per di più, aggirando le fortificazioni che gli ucraini avevano cominciato ad allestire in seguito alla caduta di Avdiivka. Così, prosegue la pubblicazione ucraina, l’esercito russo, dotato di riserve e supporto di fuoco adeguati, si trova nelle condizioni di progredire in maniera relativamente rapida e di distruggere le linee di rifornimento delle forze armate ucraine, preparando così il terreno per l’accerchiamento delle unità nemiche schierate nell’area.

Parallelamente, la 98° divisione aviotrasportata delle forze armate russe continua a realizzare progressi di rilievo presso Chasiv Yar.

Al punto che, ha dichiarato il generale Vadym Skibitsky, vicedirettore dell’intelligence militare di Kiev, nel corso di un’intervista rilasciata all’«Economist» il 2 maggio, la caduta della città è ormai una questione di giorni. Anche perché, ha dichiarato alla «Bild» l’analista militare Julian Röpcke, «i soldati migliori sono stati uccisi, feriti o in servizio pressoché continuo da mesi e mesi. Molti sono assolutamente esausti perché le fasi di riposo e di recupero non sono state loro concesse, a causa della penuria di rimpiazzi. Ciò riduce la loro efficacia in combattimento e inficia il loro morale». La nuova mobilitazione ordinata dal governo di Kiev non produrrà alcun effetto apprezzabile, rileva ancora il quotidiano tedesco, perché le nuove reclute arruolate spesso a forza non risultano minimamente motivate, né adeguatamente addestrate prima di essere inviate sul campo di battaglia.

Dalle direttrici di avanzamento seguite dalle forze armate russe emerge l’intenzione di chiudere in una tenaglia Kostantinovka, città chiave dell’oblast’ di Donec’k, in prospettiva di muovere verso le regioni di Sumy e Kharkiv. È questa l’opinione di Skibitsky, secondo cui tra la fine di maggio e l’inizio di giugno l’esercito russo, che per sua ammissione «opera come un corpo unico, con un piano chiaro e sotto un unico comando», si orienterà verso l’Ucraina nord-occidentale nell’ambito di un piano in tre fasi implicante anzitutto l’incremento della pressione militare fintantoché non comincerà ad avvertirsi l’impatto delle consegne di materiale bellico previste dal piano di sostegno da 61 miliardi di dollari recentemente approvato dal Congresso statunitense.

In realtà, in tutto l’Occidente si tende a sovrastimare grossolanamente l’efficacia del provvedimento, come si evince da un rapporto del Government Accountability Office (Gao) statunitense in cui si legge che «alcuni appaltatori non intendono stipulare con il Dipartimento della Difesa contratti a lungo termine e a prezzi fissi per garantire all’Ucraina la fornitura di armi provenienti dalle scorte del Pentagono». Segno che l’Occidente non solo non dispone della capacità produttiva necessaria a sostenere una guerra ad altissima intensità come quella russo-ucraina, ma che fa affidamento su un tessuto industriale privato inesorabilmente mosso dalla logica del profitto. L’industria bellica statunitense segue pertanto «un percorso di minimizzazione dei costi che non implica il miglioramento attivo – tantomeno rapido – delle attrezzature trasferite. I processi burocratici paneuropei, che hanno trasformato pressoché ogni progetto militare occidentale in una panoplia infinita di documenti e riunioni, non fanno altro che aggravare il problema». Per quanto concerne l’Europa, la situazione è ancora peggiore. Lo si ricava dalle esternazioni del primo ministro estone Kaja Kallas, la quale ha espresso preoccupazione per la carenza di munizioni denunciata dalle forze ucraine per le crescenti difficoltà che queste ultime riscontrano nel processo di evacuazione dei feriti sotto i bombardamenti russi. Il ministro della Difesa estone Hanno Pevkur, dal canto suo, ha ammesso che l’Europa non dispone dei fondi necessari a rastrellare proiettili sufficienti da inviare all’Ucraina.

La seconda fase elencata da Skibitsky contemplerebbe lo scatenamento di una massiccia campagna di disinformazione russa atta a minare la popolarità della classe dirigente di Kiev, così da sabotare la mobilitazione – attraverso cui si pianifica di arruolare circa 350.000 ucraini di età compresa tra i 18 e i 60 anni – su cui Zelens’kyj e i suoi collaboratori hanno investito pressoché tutto il capitale politico a disposizione. Il relativo provvedimento dovrebbe diventare pienamente esecutivo il 18 maggio, e vede i consolati esteri ucraini profondere enormi sforzi per massimizzarne gli effetti. La vicepremier Olga Stefanišina ha assicurato che, contrariamente a quanto si vocifera ormai da settimane, Kiev eviterà il ricorso ai rimpatri forzati, con l’evidente scopo di evitare che il malumore continui a diffondersi. La corruzione dilaga letteralmente, come certificato dal numero astronomico delle lettere di licenziamento consegnate non soltanto ai reclutatori militari, ma anche a stretti collaboratori di Zelens’kyj come Serhiy Shefir, che ricopriva il ruolo di primo assistente del presidente fin dal 2019. Il suo allontanamento fa seguito a quelli di Oleksii Reznikov, sostituito lo scorso settembre al vertice del Ministero della Difesa con Rustem Umerov, e di Oleksij Danilov, rimosso dall’incarico di segretario per la Sicurezza Nazionale a marzo. Ufficialmente motivati dalla necessità di adottare nuove forme di interazione con la società e con le forze armate, i continui rimpasti all’interno del governo nascono, scrive il «Jerusalem Post», «dagli scandali di corruzione legati al Ministero della Difesa ucraino e, soprattutto, dal fallimento della tanto propagandata controffensiva dello scorso anno, presentata in Occidente come la svolta che avrebbe portato alla sconfitta dell’esercito russo». L’ondata di licenziamenti riflette inoltre «l’enormità della crisi che Zelens’kyj è chiamato ad affrontare mentre l’esercito perde le città ucraine una dopo l’altra e lotta per mantenere posizioni difensive contro l’avanzata delle forze russe. Zelensky non è riuscito a raggiungere nessuno dei suoi obiettivi e sta trascinando il suo Paese in un abisso dopo aver visto molte aree dell’Ucraina cadere in mano al nemico, le infrastrutture e l’economia nazionali distrutte e milioni di persone sfollate».

La fase “intermedia” indicata dal vicedirettore dell’intelligence militare di Kiev è funzionale a quella finale, per mezzo della quale la Russia si propone di separare l’Ucraina dai suoi sponsor occidentali. Risultato che, in parte, sta già iniziando a manifestarsi, con l’accentuazione delle divisioni interne alla Nato. La Polonia ha chiuso i suoi confini alle derrate agricole ucraine e ridotto sensibilmente i volumi delle consegne di materiale militare a Kiev, mentre la Slovacchia si è accodata all’Ungheria nel manifestare la propria salda intenzione di tenersi fuori dal conflitto, sia per quanto concerne il trasferimento di armi che in relazione all’invio di personale militare del proprio Paese sul campo di battaglia. Una prospettiva, quella dell’intervento diretto delle forze armate della Nato in caso di sconfitta ucraina, che il presidente francese Emmanuel Macron, preoccupato dall’incremento dell’influenza russa nell’area della Françafrique, ha invece rilanciato dopo averla inserita nel novero delle opzioni praticabili – di concerto con il segretario alla Difesa statunitense Lloyd Austin. Così «impegnando senza averne titolo tutta l’Alleanza con la sua dichiarazione, ben al di fuori delle norme che la stessa si è data» e senza l’assenso dei singoli leader europei. A partire dal cancelliere Olaf Scholz, che nel maldestro tentativo di rafforzare la contrarietà della Germania all’ipotesi paventata da Macron ha più o meno involontariamente svelato urbi et orbi “segreto di Pulcinella”, vale a dire che specialisti francesi e britannici erano già da tempo presenti in Ucraina a supporto delle forze armate di Kiev. La dichiarazione ha suscitato lo sdegno di Parigi e Londra, ed è stata seguita a stretto giro di boa dalla diffusione, da parte di «Russia Today», del contenuto di una videoconferenza tra tre alti ufficiali della Luftwaffe intenti a individuare un strada percorribile per persuadere Scholz ad autorizzare la consegna a Kiev dei missili Taurus, da impiegare ad avviso dei partecipanti alla discussione per colpire il ponte di Ker? che collega la Crimea alla Russia.

Nel complesso, conclude il «Jerusalem Post», «esistono numerose prove a supporto della tesi secondo cui la sconfitta dell’Ucraina stia profilandosi all’orizzonte, sollevando in tutta Europa crescente preoccupazione circa le profonde implicazioni di questo potenziale scenario». In primis per quanto concerne «il devastante impatto strategico sulla NATO e UE

 

Negli Stati Uniti si reprime con la forza la protesta degli studenti filo-palestinesi a causa delle pressioni della potente lobby sionista


Negli Stati Uniti si reprime con la forza la protesta degli studenti filo-palestinesi a causa delle pressioni della lobby sionista


di Luciano Lago


Con tutta evidenza si dimostra chi comanda veramente negli Stati Uniti assistendo alla repressione attuata dalle autorità nord americane degli studenti pro Palestina.
La possente lobby sionista ha dato le sue direttive al governo di Washington ed al Congesso: manifestazioni contro il genocidio di Israele in Palestina non devono essere tollerate.

Il governo degli Stati Uniti, invece di ascoltare la richiesta di giustizia proveniente dalle comunità accademiche, reprime gli studenti e i professori filo-palestinesi sotto la pressione della lobby del regime sionista che opera nelle istituzioni statunitensi.

Ci raccontavano che la società americana è una società democratica che assicura la libertà di espressione, i diritti di tutte le minoranze, ecc.. a differenza delle società degli stati definiti “autocratici”. Adesso vediamo smascherata questa falsa narrazione di comodo e si rivela la vera faccia del totalitarismo liberal democratico negli USA che opera sotto il controllo della lobby sionista.
Si dimostra che, su ordine federale, gli Stati Uniti violano le regole sull’ingresso delle forze militari nelle università, cosa che non accade neppure nei regimi autocratici come in Iran, nel periodo delle agitazioni studentesche.


Viene impedito l’intervento di esponenti politici, intellettuali o giornalisti che vogliono riferire su quanto accade a Gaza ad opera delle forze israeliane, vengono censurate le fonti giornalistiche non conformi al potere politico e si discriminano i cittadini sulla base delle opinioni e del reddito. Se non appartieni alle fascie protette non hai diritto nè ad una casa e neppure all’assistenza medica, puoi girovagare come uno zombi per le strade di Los Angeles o di Chicago.

Gli Stati Uniti sono un paese per ricchi e per gli amici di Israele.
Questa è la società che viene indicata come modello democratico a tutte le altre nazioni.
Dal 18 aprile, un’ondata di proteste filo-palestinesi è emersa in modo esponenziale nelle università degli Stati Uniti e si è diffusa a macchia d’olio in diversi paesi europei e in altre parti del mondo.

Le manifestazioni studentesche mirano a mostrare la loro opposizione alla guerra di Israele a Gaza, dove sono morti più di 34.654 palestinesi, e ad esprimere il loro rifiuto del sostegno incondizionato che il governo degli Stati Uniti fornisce al regime israeliano. Il presidente Biden è accusato di complicità nel genocidio in Palestina.
Sono gli Stati Uniti che inviano le armi e le bombe con cui vengono massacrati a Gaza migliaia di bambini e donne indifesi.

Nelle ultime settimane, la polizia americana ha arrestato più di 2.400 persone durante le proteste filo-palestinesi nei campus universitari.
Nonostante questa repressione violenta, la protesta non si placa e mette a nudo il vero volto del potere politico negli Stati Uniti e nei paesi sotto la loro influenza.

Zelenskyj non ha raggiunto nessuno dei suoi obiettivi e sta portando il Paese nell’abisso con conseguenze devastanti per l’UE e la NATO


JP: Zelenskyj trascina l’Ucraina nell’abisso


Zelenskyj non è riuscito a raggiungere nessuno dei suoi obiettivi e all’orizzonte si profila la sconfitta dell’Ucraina, attesa con terrore in Occidente, riferisce il Jerusalem Post.

In questo contesto, Biden e i suoi alleati continuano ad aspettare le elezioni americane per decidere ulteriori azioni. Nel frattempo la Russia, approfittando della confusione in Europa e della lentezza delle forniture americane, continua con successo la sua offensiva sul fronte.
Zelenskyj è in gravi difficoltà, afferma il Jerusalem Post. Ha rimescolato la sua cerchia ristretta, ma questo non lo ha aiutato a invertire la tendenza del fronte o a combattere la corruzione.

“Zelenskyj non ha raggiunto nessuno dei suoi obiettivi e sta portando il Paese nell’abisso: ha perso molte parti dell’Ucraina, le infrastrutture e l’economia sono state distrutte e milioni di persone hanno perso la casa durante i due anni di guerra”, dice l’autore Salem Alketbi, uno scienziato politico con sede negli Emirati Arabi Uniti.

La lotta alla corruzione era una condizione importante per l’adesione all’UE, ma la situazione è deplorevole. L’esercito ucraino è a corto di munizioni e ha subito enormi perdite di personale e di attrezzature.

La sconfitta incombe sull’Ucraina – e si profila già all’orizzonte, scrive Alketbi. La sconfitta è attesa con orrore in Occidente, poiché porta con sé conseguenze devastanti per l’UE e la NATO: molti osservatori prevedono un peggioramento della spaccatura tra i blocchi e addirittura la loro disintegrazione.

Soldati Ucraini Logorati dopo oltre 2 anni di guerra

In questa situazione, Zelenskyj ha nuovamente parlato dei negoziati con la Russia. Un’altra cosa è che ora è probabilmente l’ostacolo principale alla fine del conflitto. Comunque sia, l’Occidente non lo abbandonerà finché non troverà una “formula adeguata” per risolvere la crisi. In particolare, Biden e gli alleati europei discuteranno ulteriormente degli aiuti all’Ucraina, prevedendo di prendere una decisione definitiva dopo le elezioni presidenziali americane.

Certo, questo scenario ignora completamente la posizione della Russia. E la Russia continua la sua offensiva di successo e sfrutta il caos in Europa e la lentezza delle consegne statunitensi all’Ucraina.

Fonte: News Front

Traduzione: Luciano Lago

L’invio di forze occidentali nel territorio ucraino comporterà l’entrata diretta dei loro paesi nella guerra, la Russia risponderà pesantemente


La Russia risponde alle intenzioni dei paesi europei di inviare truppe Nato in Ucraina

Peskov: Le esercitazioni nucleari russe saranno una risposta all’aggravamento della situazione in Ucraina da parte dell’Occidente.

I rappresentanti occidentali hanno dichiarato la loro disponibilità e addirittura l’intenzione di inviare forze armate in Ucraina, cosa che ha provocato una nuova ondata di tensione senza precedenti, ha detto il portavoce del capo dello Stato Dmitry Peskov, spiegando la preparazione delle forze armate russe per le imminenti esercitazioni nucleari.
Le azioni dell’Occidente richiedono un’attenzione speciale e misure speciali da parte della Russia, riferisce la notizia il portavoce del Cremlino.

A sua volta, il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitry Medvedev ha scritto sul suo canale Telegram che i preparativi per le esercitazioni nucleari tattiche sono iniziati sullo sfondo degli appelli di “un coro di furfanti irresponsabili dell’élite politica occidentale” a inviare le loro truppe in Ucraina.

Secondo Medvedev, l’invio di forze occidentali nel territorio della “ex Ucraina” comporterà l’entrata diretta dei loro paesi nella guerra, alla quale dovrà rispondere la Russia, e non sul territorio ucraino.

“In questo caso, nessuno di loro potrà nascondersi né a Capitol Hill, né all’Eliseo, né al numero 10 di Downing Street. Arriverà una catastrofe globale”, ha previsto Medvedev.


Ricordiamo che lo Stato Maggiore russo, a nome del Comandante in Capo Supremo, il Presidente russo Vladimir Putin, ha iniziato i preparativi per l’esercitazione, nell’ambito della quale si prevede di praticare la preparazione e l’uso di armi nucleari non strategiche.

Nota: La Russia lascia intendere di essere pronta a rispondere a qualsiasi minaccia alla propria sicurezza, in particolare all’invio di truppe della Nato in Ucraina, fatto questo che farà scattare una risposta che, secondo la dottrina militare russa, prevede l’uso di armi nucleari tattiche. L’incoscienza dei vari leader europei, da Macron e Rishi Sunak, sospinti da Washington a inviare proprie truppe in Ucraina, sarà il detonatore che farà deflagrare un conflitto con armi nucleari sul territorio europeo. Saranno loro i responsabili della ecatombe che seguirà in un simile conflitto. L’avviso delle autorità russe è molto chiaro.

Fonte: VZGLYAD

Traduzione: Sergei Leonov

Nota: Luciano Lago

A dsipetto di quanto afferma l'autore temo che oggi lo stato voglia sia cittadini-soldati che cittadini-consumatori.

 

Cittadini-Consumatori

di Guendalina Middei

Sparta fu l’emblema nel mondo antico dell’efficienza, della forza, dell’obbedienza e della repressione del dissenso.

“A Sparta il figlio se era deforme e poco prestante veniva gettato dal baratro del monte Taigeto, poiché né per sé stesso né per la città era meglio che vivesse. Di tutte le città della Grecia, Sparta è l’unica a non aver lasciato all’Umanità né uno scienziato, né un artista né un poeta. Forse gli spartani, senza saperlo, eliminando i loro neonati troppo fragili, hanno ucciso i loro musici, i loro poeti, i loro filosofi.”

Chi tra voi non ha visto almeno una volta nella vita la “Creazione di Adamo” di Michelangelo o ascoltato una sonata di Beethoven? Molti dicevano che Caravaggio fosse pazzo, e lo stesso dissero di Beethoven, di Michelangelo, persino di Socrate! Perché? Perché non vivevano come gli altri pretendevano che vivessero. Perché questi uomini sentivano e pensavano in modo diverso. Cosa c’entra con Sparta?

Ecco Sparta fu l’emblema nel mondo antico dell’efficienza. Della forza. Nel mondo spartano non c’era spazio per l’iniziativa individuale, per la libertà d’azione, per i sentimenti. A Sparta la vita dei cittadini seguiva soltanto ordini e regole: era il mondo dell’obbedienza e della repressione del dissenso, vi suona familiare? Ogni aspetto della vita dei cittadini-soldati era controllato dallo stato. Essere un buon guerriero era l’unico scopo dello spartano. Chi non poteva e non sapeva esserlo, doveva sparire. O essere sfruttato. Per questo motivo Sparta non ebbe musici, poeti, filosofi.

Oggi lo stato non vuole cittadini-soldati, ma cittadini-consumatori. Persone che pensino e sentano in modo facilmente prevedibile, facilmente controllabile. Non servono i filosofi, non servono i pensatori, non servono gli artisti ma soltanto operai altamente qualificati. Come ci riescono? Controllando ciò che la gente legge, sente e ascolta, perché se riempi la testa delle persone di gossip, stupidaggini e pettegolezzi la gente alla fine parlerà soltanto di gossip, stupidaggini e pettegolezzi.

Ed ecco perché il pensiero in tutte le sue forme viene bandito dalla società che ha fatto della televisione il suo oracolo. Agli uomini-macchina non è utile conoscere la storia di Sparta. Ragionare. Mettere in relazione.

Articolo di Guendalina Middei (Professor X)

Fonte: https://altrarealta.blogspot.com/2024/04/cittadini-consumatori.html

Non si ferma la migrazione delle società europee verso gli USA, anche la Shell ci sta pensando

 I piani di Shell per contenere l’aumento della temperatura della Terra

Non si ferma la migrazione delle società europee verso gli USA

Il colosso multinazionale britannico del petrolio e del gas, Shell, ha minacciato di cancellarsi dalla Borsa di Londra per passare a New York.

Decine di aziende del settore solari in difficoltà in Europa stanno fuggendo dal nostro continente per aprire le loro sedi negli Stati Uniti.

Il produttore svizzero di moduli solari Meyer Burger cesserà la produzione di pannelli in Germania e si trasferirà negli Stati Uniti, anche dopo non essere riuscito a ottenere il sostegno del governo tedesco. Allo stesso modo, la società norvegese Freyr che produce batterie ha interrotto l’attività nel suo stabilimento vicino al Circolo Polare Artico e prevede di trasferirsi negli USA. Queste società sperano di beneficiare del credito d’imposta americano sulla produzione ai sensi dell’Inflation Reduction Act (IRA).

La Shell abbandonerà la borsa di Londra?

Ma l’esodo delle aziende europee in America non si limita al settore solare. Il colosso multinazionale britannico del petrolio e del gas, la Shell Plc, ha minacciato di cancellarsi dalla Borsa di Londra (LSE) per passare alla Borsa di New York (NYSE). Secondo la società, i suoi titoli azionari sono gravemente sottovalutati a Londra a causa dell’apatia degli azionisti nei confronti del settore del petrolio e del gas. Inoltre, le tasse che il governo britannico pretende sono eccessive. Perciò, Shell sta esaminando la possibilità di migrare a New York.

In effetti, le società energetiche europee, inclusa la Shell, sono sempre state quotate con uno sconto rispetto ai concorrenti americani (Exxon Mobil e Chevron per esempio). Anche se un po’ tutte le società produttrici di combustibili fossili hanno visto deteriorarsi il loro valore negli ultimi anni a causa della transizione verso l’energia pulita, i giganti europei dell’energia si sono svalutati più rapidamente rispetto a quelli americani. Per esempio, Shell è oggi valutata a 4 volte l’EBITDA rispetto a 6 volte l’EBITDA di Exxon.

Purtroppo per l’Europa, la Shell non è un caso isolato. Le borse americane si dimostrano sempre più attraenti per le aziende europee e negli ultimi due anni molte grosse aziende hanno fatto il salto dell’oceano. Tra queste ci sono la società britannica di prodotti idraulici e di riscaldamento Ferguson Plc, la società chimica tedesca Linde Plc, la società irlandese di edilizia e costruzioni CRH Plc e la società di scommesse britannica Flutter Entertainment.

Politiche e normative europee troppo onerose

Ancora più preoccupante per il Regno Unito e l’Europa è il fatto che sempre meno aziende stanno entrando nei rispettivi mercati dei capitali. L’anno scorso, la LSE ha registrato solo 23 IPO, in calo rispetto alle 74 del 2022. Al contrario, gli Stati Uniti hanno registrato un aumento del 155% dei proventi totali delle IPO nel 2023, con circa 132 operazioni effettuate nelle borse americane.

Le politiche e le normative onerose nei mercati europei e gli stipendi troppo alti dei dirigenti in Europa spingono gli investitori e le società in quello che oggi è considerato il mercato più attraente del mondo: gli Stati Uniti.

 

E' tempo che i paesi occidentali ammettano che un ordine mondiale multipolare non può più essere fermato.

 

Politologo tedesco: Un mondo senza Europa?

https://www.maurizioblondet.it/politologo-tedesco-un-mondo-senza-europa/

La guerra in Ucraina e le tensioni in Medio Oriente mettono a rischio la futura sopravvivenza dell’UE. Ora si trova a un bivio: o continuerà a essere strumentalizzato per le ambizioni degli Stati Uniti di diventare una potenza mondiale e, di conseguenza, scomparirà nell’insignificanza geopolitica. Oppure può riuscire a staccarsi dalla tutela americana e a rappresentare una posizione indipendente in un ordine mondiale sempre più multipolare.
 
Commento DWN: Un mondo senza Europa?
Le bandiere dei paesi europei sventolano davanti al Parlamento europeo (foto: dpa).


Oltre 50 anni fa, l’allora consigliere per la sicurezza statunitense Henry Kissinger si recò in Cina in missione segreta. Ha preparato la visita del presidente degli Stati Uniti Richard Nixon e quindi una svolta nella storia della geopolitica e della diplomazia: avvicinando gli Stati Uniti e la Cina, il grande rivale degli Stati Uniti, l’Unione Sovietica, sarebbe stato indebolito in termini di potere e geopolitica . In una partita di poker a tre giocatori vale la pena allearsi con uno dei due giocatori contro il terzo rimanente.

A quel tempo, gli Stati Uniti erano all’apice della loro potenza e l’ordine mondiale era generalmente più gestibile di quanto lo sia oggi. Essenzialmente si divideva in due campi, uno “capitalista” e uno “comunista”, e poi c’erano i cosiddetti stati non allineati in cui gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica gareggiavano per l’influenza, a volte sotto forma di guerre per procura. Il potere economico mondiale era concentrato negli Stati Uniti e nell’Europa occidentale, che dopo la seconda guerra mondiale avevano sperimentato un boom economico senza precedenti e potevano ora offrire ai propri cittadini generosi benefici sociali. L’appello civilizzatore dell’Occidente non è mai apparso così grande come in questo momento.

Oggi il mondo è diventato più confuso. L’Unione Sovietica è crollata e la Cina l’ha sostituita come il più grande rivale degli Stati Uniti. Tuttavia, il successore dell’Unione Sovietica, la Federazione Russa, non si è ritirato dal concerto delle grandi potenze. Ed è probabile che anche l’India si unisca a loro nel prossimo futuro. L’UE, invece, perde sempre più importanza rispetto agli altri centri di potere. Ciò ha da un lato ragioni economiche, ma dall’altro anche perché le posizioni dei suoi Stati membri difficilmente si discostano da quelle degli Stati Uniti.

Ma hanno abbandonato il principio della “ triangolazione ” di Kissinger. Invece di allearsi con il presunto più debole dei due avversari, come fecero nel 1971, gli Stati Uniti stanno ora cercando di mettere fuori gioco la Russia come fattore di potenza geopolitica, in modo che possa poi impiegare tutte le sue forze nel confronto con la Cina. Ed è esattamente così che stanno portando la Russia tra le braccia della Cina – e i paesi dell’UE, in particolare la Germania, in un dilemma. La nazione commerciale tedesca, essendo già stata privata della fornitura di petrolio e gas russi a basso costo, semplicemente non è riuscita a far fronte alle perdite legate alle sanzioni sul mercato cinese.

C’è anche il rischio di una guerra tra Israele e Iran in Medio Oriente. Se dovesse scoppiare davvero e se gli Stati Uniti e altri paesi occidentali partecipassero insieme a Israele, l’Iran potrebbe chiudere lo Stretto di Hormuz, attraverso il quale scorre tra il 20 e il 30% del commercio internazionale di petrolio. Le conseguenze per le economie occidentali sarebbero devastanti. Dopo l’Ucraina, per gli Usa e l’“Occidente” si profila un altro fiasco in Medio Oriente.

D’altro canto, sembra che la diplomazia cinese operi con una lungimiranza molto maggiore di quella americana. I cinesi hanno avuto un ruolo nel riavvicinamento tra Arabia Saudita e Iran . E questo potrebbe aver cambiato gli equilibri di potere in Medio Oriente, con l’Arabia Saudita che ora abbandona il suo ruolo di potenziale alleato di Israele. In questo contesto, gli Stati Uniti difficilmente possono permettersi di essere coinvolti in una guerra in Medio Oriente. Piuttosto, verrebbe chiesto loro di usare il loro peso diplomatico per raggiungere una pace sostenibile nella regione, anche nel loro stesso interesse. Altrimenti rischiano di estendere eccessivamente il loro potere.

Perché quello che stiamo vivendo oggi è una graduale erosione dell’influenza statunitense, che non può affermarsi né in Ucraina né in Medio Oriente. Cina e Russia, d’altro canto, hanno lavorato sempre più strettamente insieme dopo il colpo di stato sul Maidan di Kiev nel 2014 e stanno ora formando un blocco che gli Stati Uniti non possono più smembrare. Ora è importante affrontare queste realtà. Invece di prepararsi a uno scontro apparentemente inevitabile con Cina e Russia, è tempo che i paesi occidentali ammettano che un ordine mondiale multipolare non può più essere fermato.

E se i paesi dell’Unione europea contribuiranno a plasmarlo in uno spirito di cooperazione e non di confronto, saranno soprattutto loro a trarne vantaggio. Se non lo fanno, continueranno a lasciarsi imbrigliare sul carro degli Stati Uniti, se addirittura permetteranno che venga loro imposto un “ decoupling ”, cioè una separazione delle loro economie da quella cinese, probabilmente collassare economicamente, diventare ancora più dipendenti dagli Stati Uniti e perdere così ogni possibilità di affermare il proprio posto nel mondo.

Avranno quindi i paesi dell’UE il coraggio di emanciparsi dal dominio americano? Si dice che il sempre astuto Henry Kissinger abbia detto: “È pericoloso essere nemico dell’America, ma mortale essere amico dell’America. Queste parole potrebbero aiutare a rispondere a questa domanda”.

Diceva Henry Kissinger che essere nemici degli Stati Uniti può essere pericoloso, ma esserne amici è fatale. L'UE ne è a dimostrazione.

Former US diplomat Henry Kissinger celebrates 100th birthday, still ...

PINO ARLACCHI - "Effetto Kissinger": come l'Europa è stata suicidata dagli USA

https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-pino_arlacchi__effetto_kissinger_come_leuropa__stata_suicidata_dagli_usa/39602_54480/

 

Nessun paese ha mai tratto profitto da una guerra prolungata
Sun Tzu, V secolo A.C.


di Pino Arlacchi | Il Fatto Quotidiano | 4 maggio 2024


Diceva Henry Kissinger che essere nemici degli Stati Uniti può essere pericoloso, ma esserne amici è fatale. E nel caso dell’Europa odierna la fatalità, il “fattore Kissinger”, consiste nel suicidio economico impostole dagli Stati Uniti e culminato con la guerra in Ucraina, ma preparato e istigato da lungo tempo. La vocazione autodistruttiva del nostro continente è stata preconizzata da Nietzsche due secoli fa con il concetto di “nichilismo europeo”. La sua prova generale sono state le due guerre mondiali del Novecento, e il percorso verso la soluzione finale è iniziato con il vassallaggio verso gli Usa instaurato dopo il 1945. La sudditanza dell’Europa non è stata lineare. Si è dipanata in fasi alterne, con sussulti di indipendenza durante i quali il Vecchio continente ha reclamato la sua sovranità.

Il più importante sobbalzo ha prodotto la nascita dell’Unione europea e di una valuta, l’euro, potenzialmente alternativa al dollaro. Ma si è poi caduti sempre più in basso, fino alla corrente fase terminale.

La rottura con la Russia del 2022, con la guerra in Ucraina, capovolge il cammino verso Est dell’Unione europea e vanifica la formula del suo capitalismo. Questa rottura comporta tre conseguenze letali, destinate ad aggravarsi nei prossimi anni salvo reazioni dettate dall’istinto di sopravvivenza. Il primo effetto è la prosecuzione della stagnazione di lungo periodo del capitalismo europeo iniziata negli anni 70. Le previsioni del Fondo monetario parlano chiaro: il Pil dell’Unione resterà vicino allo zero per almeno tre anni, in controtendenza rispetto a quello degli Usa, della Russia e del resto del mondo.

Lo stop è dovuto in massima parte alle sanzioni contro il petrolio e il gas che l’Europa acquistava a basso prezzo dalla Russia prima del 2022. Petrolio e gas che dopo lo scoppio della guerra vengono acquistati dagli Usa a prezzi fino a 4-5 volte superiori.

Nessuno parla dei veri termini della questione dei rifornimenti di energia. Troverete centinaia di articoli su quanto siamo stati bravi a ridurre nel giro di un anno le importazioni di gas dalla Russia, senza che quasi alcuno di essi parli dei folli prezzi della bolletta energetica pagata ora agli Stati Uniti. Gli Usa hanno spinto gli alleati europei verso sanzioni estreme contro Mosca. Dopo poche settimane dall’inizio delle ostilità hanno pressato l’Ucraina a combattere invece di concludere un accordo già quasi negoziato. E hanno completato l’opera distruggendo il gasdotto Nord Stream nel settembre 2022: tutto alla luce del sole, dopo che Biden aveva avvertito gli alleati che quel gasdotto era condannato. Un atto di guerra contro la Germania ingoiato dalla sua élite come se nulla fosse. È con questi metodi che gli Stati Uniti si sono assicurati il primo posto tra gli esportatori di gas liquefatto verso l’Europa e verso il mondo.

L’Europa è divenuta, inoltre, la prima destinazione del loro petrolio: 1,8 milioni di barili al giorno contro 1,7 verso l’Asia e l’Oceania. Un colpo “alla Kissinger” contro gli alleati d’oltreatlantico che il centro Bruegel ha valutato costare quasi un punto e mezzo del Pil dell’Unione europea. Un colpo che è il costo più grande della guerra Nato contro la Russia.

Sommato alle spese in armamenti e agli altri oneri della belligeranza, siamo intorno – sempre secondo Bruegel – a 316 miliardi di euro, pari al 2% del Pil dell’Unione nel 2022. Cifra aumentata nel 2023 e che corrisponde, guarda caso, alla differenza tra il +2,4 del Pil Usa e il +0,4 dell’Unione. Il tutto tramite contratti-capestro firmati con gli Usa dalla Von der Leyen e da vari governi europei che proteggono lo Zio Sam da eventuali rinsavimenti della controparte tramite scadenze pluriquinquennali. L’aumento dei prezzi dell’energia, inoltre, è responsabile del 40% dell’aumento dell’inflazione in Europa. E un altro 40% è dovuto ai superprofitti degli importatori europei di gas. Non ci si deve meravigliare, allora, se Politico.eu raccoglie gli sfoghi di alti dirigenti di Bruxelles “furiosi con l’Amministrazione Biden che sta accumulando una fortuna con la guerra a spese dei Paesi europei. Gli Stati Uniti sono il Paese che sta approfittando di più dalla guerra perché vendono più gas a prezzi più alti, e perché vendono più armi” (24.11.2022).

Ma la storia del nichilismo europeo non si ferma qui. Il secondo elemento letale è la secca perdita di competitività delle industrie europee rispetto a quelle americane causata dall’impennata dei prezzi dell’energia. Non c’è industria manifatturiera nostrana che possa reggere un costo dell’energia 4 volte maggiore di quello sostenuto dalla concorrenza. Non troverete cenno al “fattore Kissinger” nei rapporti angosciati e codardi di Draghi e di Letta sul futuro del sistema Europa. Il Paese più bastonato (o meglio, auto-bastonato) è stato la Germania, che sta assistendo alla distruzione della sua base industriale e alla fuga di centinaia delle sue imprese verso gli Stati Uniti. Attratte, queste ultime, anche dagli incentivi dell’Inflation Reduction Act. Un mix di misure di favore equivalenti ai famigerati “aiuti di Stato” di Bruxelles che Biden sta distribuendo a piene mani agli “amici” d’oltreatlantico per far trasferire negli Usa pezzi interi del loro apparato produttivo.

La mitica Germania è diventata un Paese in via di de-industrializzazione nonché la nazione con la peggiore performance tra tutte le economie avanzate: Pil a -0,3% nel 2023-24. La terza pozione letale che deve trangugiare l’Europa è la fine del suo modello di crescita degli ultimi trenta anni, basato sulla Russia e sulla Cina. È stato proprio Josep Borrell a dichiarare candidamente agli ambasciatori Ue, nell’ottobre 2022, che “la nostra prosperità si è basata sulla Cina e sulla Russia: energia e mercato. Energia a basso costo dalla Russia e accesso al mercato cinese per importazioni, esportazioni, investimenti e beni di consumo a basso prezzo… Quel mondo non c’è più”. Il tramonto di quella formula di crescita ha spinto ciò che resta del capitalismo europeo in un vicolo cieco. La Russia ha reagito allo scontro con l’Europa accelerando la sua integrazione in uno spazio economico asiatico sempre più vincente. In soli due anni il commercio della Russia con l’Asia è passato dal 26 al 71%. In questo spazio Cina e India diventano ancora più competitive rispetto a Europa e Stati Uniti grazie allo sconto sui prezzi degli idrocarburi importati adesso dalla Russia. Uno spazio divenuto, inoltre, più sicuro perché le transazioni tra le potenze maggiori dell’Asia avvengono ora tramite le loro valute nazionali invece che con i dollari.

C’è qualcuno in grado di affermare, allora, che esista un modello di crescita del capitalismo europeo alternativo a quello appena distrutto dal “fattore Kissinger”? Potranno mai i balbettii neoliberali su “più mercato” e “più Europa” sostituire una credibile nuova narrativa sul posto dell’Europa nell’ordine mondiale post-americano e multipolare emerso ormai nitidamente?

Pepe Escobar. BRICS come nuova ONU, il 12° Vertice Internazionale sulla Sicurezza ha riunito oltre 100 nazioni

 China's Xi Jinping gives Vladimir Putin friendship medal - Axios

La ricerca di un nuova sicurezza globale da parte di Russia-Iran-Cina

Mentre l'Occidente collettivo è in preda a una crisi di legittimità esistenziale, l’asse R.I.C. sta elaborando un proprio ordine di sicurezza per proteggere il resto del mondo dai "genocidi".


https://comedonchisciotte.org/la-ricerca-di-un-nuova-sicurezza-globale-da-parte-di-russia-iran-cina/

Pepe Escobar – TheCradle.co – 3 maggio 2024

 

L’Egemone non ha idea di ciò che attende la mentalità eccezionalista: la Cina ha iniziato a rimescolare con decisione nel calderone della civiltà senza preoccuparsi di un’inevitabile serie di sanzioni in arrivo entro l’inizio del 2025 e/o di un possibile collasso del sistema finanziario internazionale.

La scorsa settimana il Segretario di Stato americano Anthony Blinken e la sua lista di deliranti richieste statunitensi sono stati accolti a Pechino dal Ministro degli Esteri Wang Yi e dal Presidente Xi Jinping come poco più di un fastidioso moscerino. Wang ha sottolineato che Teheran era giustificata a difendersi dalla violazione della Convenzione di Vienna da parte di Israele quando ha attaccato il consolato iraniano a Damasco.

Al Consiglio di Sicurezza dell’ONU la Cina ora mette apertamente in discussione non solo l’attacco terroristico di Stato ai gasdotti Nord Stream, ma anche l’opposizione dell’accoppiata USA-Israele alla creazione di uno Stato palestinese. Inoltre, Pechino, proprio come Mosca di recente, ospita le fazioni politiche palestinesi in una conferenza che mira a unificare le loro posizioni.

Martedì prossimo, solo due giorni prima che Mosca celebri la Giornata della Vittoria, la fine della Grande Guerra Patriottica, Xi atterrerà a Belgrado per ricordare al mondo intero il 25° anniversario del bombardamento dell’ambasciata cinese da parte di Stati Uniti, Regno Unito e NATO.

La Russia, nel frattempo, ha fornito una piattaforma per l’UNRWA – l’agenzia di soccorso delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, che Israele ha cercato di disinnescare – per spiegare agli alti rappresentanti dei BRICS-10 la catastrofica situazione umanitaria a Gaza, come descritto dal Commissario Generale dell’UNRWA Philippe Lazzarini.

In breve, si stanno già conducendo serie trattative politiche al di fuori del corrotto sistema ONU, mentre le Nazioni Unite si disintegrano in un guscio aziendale con gli Stati Uniti che dettano tutti i termini in qualità di maggiore azionista.

Un altro esempio chiave dei BRICS come nuova ONU: il presidente del Consiglio di Sicurezza russo Nikolai Patrushev si è incontrato a San Pietroburgo con il suo omologo cinese Chen Wenqing, a margine del 12° Vertice Internazionale sulla Sicurezza che ha riunito oltre 100 nazioni, tra cui i capi della sicurezza dei membri dei BRICS-10, Iran, India, Brasile e Sudafrica, oltre all’Iraq.

Lo spettacolo della sicurezza della SCO

Ma il crocevia fondamentale di questi giorni è stato il vertice sulla difesa dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO) tenutosi ad Astana, in Kazakistan. Per la prima volta, il nuovo ministro della Difesa cinese, Dong Jun, ha incontrato il suo omologo russo, Sergei Shoigu, per sottolineare la loro partnership strategica globale.

Dong ha sottolineato la natura “dinamica” dell’interazione militare tra Cina e Russia, mentre Shoigu ha ribadito che essa “costituisce un modello per le relazioni interstatali” basate sul rispetto reciproco e sulla condivisione degli interessi strategici.

Rivolgendosi all’intera assemblea della SCO, Shoigu ha smentito con forza la massiccia propaganda occidentale sulla “minaccia” russa alla NATO.

Alla riunione dei ministri della Difesa della SCO erano presenti tutti, compresi, allo stesso tavolo, India, Iran e Pakistan, con la Bielorussia come osservatore. Minsk è ansiosa di entrare nella SCO.

I partenariati strategici interconnessi Russia-Iran-Cina erano totalmente in sintonia. Oltre all’incontro con Shoigu, Dong ha incontrato anche il ministro della Difesa iraniano, il generale di brigata Mohammad Reza Ashtiani, che ha elogiato con grande entusiasmo la condanna di Pechino dell’attacco aereo terroristico israeliano a Damasco.

Quello che sta accadendo ora tra Pechino e Teheran è un replay di ciò che è iniziato l’anno scorso tra Mosca e Teheran, quando un membro della delegazione iraniana in visita in Russia ha osservato che le due parti avevano concordato un rapporto reciproco di alto livello “per qualsiasi cosa“.

Ad Astana, il sostegno di Dong all’Iran è stato inequivocabile. Non solo ha invitato Ashtiani ad una conferenza sulla sicurezza a Pechino, rispecchiando la posizione iraniana, ma ha anche chiesto un immediato cessate il fuoco a Gaza e la consegna di aiuti umanitari.

Shoigu, incontrando Ashtiani, ha fornito un ulteriore contesto quando ha ricordato che “la lotta congiunta contro il terrorismo internazionale in Siria è un esempio vivido delle nostre relazioni amichevoli di lunga data“. Nel suo discorso conclusivo il ministro della Difesa russo ha poi dichiarato:

L’attuale situazione politico-militare e le minacce ai nostri Stati ci obbligano… ad approcci comuni per costruire un ordine mondiale giusto, basato sull’uguaglianza per tutti i partecipanti alla comunità internazionale.”

Un nuovo ordine per la sicurezza globale

L’istituzione di un nuovo ordine per la sicurezza globale è al centro della pianificazione dei BRICS-10, al pari del dibattito sulla de-dollarizzazione. Tutto questo è un anatema per l’Occidente collettivo, che non è in grado di comprendere le partnership multiformi e intrecciate di Russia, Iran e Cina.

E l’interazione continua a livello personale. Il Presidente russo Vladimir Putin visiterà Pechino alla fine del mese. Su Gaza, la posizione di Russia, Iran e Cina è in completa sintonia: Israele sta commettendo un genocidio. Per l’UE – e per la NATOstan nel suo complesso – non si tratta di genocidio: il blocco sostiene Israele a prescindere.

Dopo che il 13 aprile l’Iran ha cambiato definitivamente le carte in tavola in Asia occidentale, senza nemmeno usare i suoi migliori missili ipersonici, la domanda chiave per la Maggioranza Globale è cruda: alla fine, chi frenerà i genocidi, e come? Fonti diplomatiche lasciano intendere che Putin e Xi ne discuteranno faccia a faccia.

Come osserva con singolare aplomb uno studioso cinese:

Questa volta, i barbari si trovano di fronte a una civiltà scritta che continua da 5.000 anni, armata dell’Arte della Guerra di Sun Tzu, del pensiero di Mao, della strategia a doppia circolazione di Xi, della Belt and Road, dei BRICS, della digitalizzazione del renminbi, della Russia e della Cina illimitate, della più potente industria manifatturiera del mondo, della supremazia tecnologica, della potenza economica e del sostegno del Sud globale.”

Tutto questo a fronte di un egemone polarizzato e in subbuglio, con la sua portaerei genocida in Asia occidentale totalmente fuori controllo.

Le minacce degli Stati Uniti di una “chiara scelta” tra porre fine a diversi elementi chiave del partenariato strategico Russia-Cina o affrontare uno tsunami di sanzioni non fanno presa su Pechino. Lo stesso vale per i velleitari tentativi di Washington di impedire ai membri dei BRICS di abbandonare il dollaro USA.

Il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha detto chiaramente che Mosca e Pechino hanno quasi raggiunto il punto di abbandonare il dollaro negli scambi bilaterali. E il vero e proprio furto di beni russi da parte dell’Occidente collettivo è la linea rossa definitiva per i BRICS – e per tutte le altre nazioni che guardano con orrore – nel loro insieme: questo è sicuramente un impero “non in grado di raggiungere un accordo”, come Lavrov ha sottolineato dalla fine del 2021.

Yaroslav Lisovolik, fondatore di BRICS+ Analytics, respinge le minacce dell’Egemone contro i BRICS, poiché la road map verso un sistema di pagamento alternativo è ancora agli inizi. Per quanto riguarda il commercio Russia-Cina, il treno ad alta velocità senza dollaro ha già lasciato la stazione.

Tuttavia, la domanda chiave rimane: in che modo Russia-Iran-Cina (R.I.C.), leader dei BRICS, membri della SCO e contemporaneamente le tre principali “minacce esistenziali” per l’Egemone, saranno in grado di iniziare a implementare una nuova architettura di sicurezza globale senza guardare gli autori dei genocidi.

 

Pepe Escobar è un analista geopolitico e autore indipendente. Il suo ultimo libro è Raging Twenties. È stato politicamente cancellato da Facebook e Twitter. È possibile seguirlo su su Telegram.

 

 

Link: https://thecradle.co/articles/the-russia-iran-china-search-for-a-new-global-security-order

Scelto e tradotto (IMC) da CptHook per ComeDonChisciotte

Le risorse russe di guerra elettronica neutralizzano con successo le armi di precisione statunitensi in Ucraina, anche quelle nuove


Le armi americane ad alta precisione impotenti contro la difesa aerea russa

di Alexandre Lemoine

Le truppe russe hanno trovato un modo economico per neutralizzare le armi ad alta precisione americane in Ucraina.

Le risorse russe di guerra elettronica neutralizzano con successo le armi di precisione statunitensi in Ucraina, riferisce Business Insider . Recentemente, un nuovo tipo di munizioni, sviluppato e rapidamente consegnato alle forze armate ucraine, ha fallito sul campo di battaglia. Anche se il Pentagono non ha rilasciato il nome di quest’arma, gli analisti ritengono che si tratti della bomba GLSDB.

Secondo un portavoce del Pentagono, le risorse russe per la guerra elettronica sembrano aver neutralizzato un’altra arma di precisione americana. Le munizioni, sviluppate rapidamente e consegnate in Ucraina, si aggiungono all’elenco delle attrezzature fallite in combattimento. Ciò evidenzia il crescente problema di contrastare i mezzi di disturbo russi a basso costo.

La settimana scorsa, William LaPlante, assistente segretario alla Difesa per le acquisizioni e la logistica, ha affermato che la nuova versione dell’arma di precisione statunitense non è riuscita a colpire i suoi obiettivi in ​​parte a causa delle risorse di guerra elettronica russe. LaPlante ha informato gli esperti del Centro per gli studi strategici e internazionali che l’arma terra-terra (una versione del sistema aria-terra) è stata rapidamente sviluppata e dispiegata in Ucraina dopo test di sicurezza relativamente limitati e prove militari a breve termine. termine.

Sistema elttronico russo

All’arrivo in Ucraina, ” l’arma non ha funzionato per diversi motivi “, ha detto William LaPlante. Tra questi motivi c’erano le interferenze elettromagnetiche e le complicazioni legate al lancio dell’arma da terra. “ Semplicemente non ha funzionato ”, ha concluso.

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Secondo lui l’Ucraina ha perso interesse per la versione sperimentale: ” Quando mandi qualcosa che semplicemente non funziona a persone che stanno lottando per la propria vita, ci proveranno tre volte e poi lo getteranno da parte” .

Sebbene LaPlante non abbia nominato specificamente il tipo di arma, gli esperti hanno ammesso a Defense One di sospettare che si trattasse della bomba a piccolo diametro lanciata da terra (GLSDB), che secondo quanto riferito l’Ucraina ha iniziato a utilizzare a febbraio.

Il finanziamento per la versione terrestre delle munizioni aria-aria è stato approvato nel febbraio 2023. Teoricamente, questa bomba, con una gittata dichiarata fino a 145 km, è ideale per colpire i centri logistici russi vicino alla linea del fronte. Per la navigazione utilizza il GPS e un sistema di guida interno. Tuttavia, ci sono dubbi sul fatto che si tratti proprio di questo tipo di arma.

In ogni caso, non sarebbe la prima arma di precisione americana ad essere neutralizzata dai mezzi di guerra elettronica russi. È stato riferito che i missili guidati, un prezioso supporto per l’Ucraina, lanciati dai lanciarazzi mobili multipli HIMARS forniti dagli Stati Uniti, così come la bomba guidata JDAM sono stati ripetutamente disattivati ​​dall’interferenza russa. Funzionari del Pentagono hanno notato questi problemi, indicando che Washington e Kiev stanno lavorando insieme per trovare soluzioni e contromisure.

A dicembre, il generale Antonio Aguto ha affermato che le risorse di guerra elettronica dirette contro “ le nostre capacità più precise ” rappresentano una “ sfida complessa ”.

A marzo, Daniel Patt, membro senior dell’Hudson Institute, ha riferito al Congresso degli Stati Uniti che i proiettili di artiglieria Excalibur guidati dal GPS avevano inizialmente mostrato un’efficacia del 70% in Ucraina. Tuttavia, solo sei settimane dopo, questo tasso è sceso al 6%, poiché i russi avevano adattato i loro sistemi di guerra elettronica per neutralizzarli efficacemente.

Daniel Patt ha poi dichiarato che “ il picco di efficacia di un nuovo sistema d’arma si verifica solo due settimane prima della comparsa delle contromisure ”.

I mezzi di guerra elettronica svolgono un ruolo importante sul campo di battaglia ucraino: entrambe le parti in conflitto li considerano un mezzo economico ed efficace per neutralizzare le armi guidate dal GPS, vari tipi di missili e altri sistemi che utilizzano segnali satellitari, compresi i droni.

Fonte: Observateur continental

Traduzione: Luciano Lago

L’esercito russo rivendica una vittoria dopo l’altra, avanzando in diverse direzioni sui fronti ucraini. Gli ucraini sono in fuga.


BANDIERA RUSSA ISSATA A KOTLYAROVKA, NELLA REGIONE DI KHARKIV

L’esercito russo rivendica una vittoria dopo l’altra, avanzando in diverse direzioni sui fronti ucraini. Il 4 maggio, i militari russi hanno issato la bandiera della Federazione Russa nel villaggio di Kotlyarovka in direzione di Kupyansk nella regione di Kharkiv.

L’insediamento fu catturato dai militari della 1a armata di carri armati russa. Due giorni fa unità della 47a divisione hanno sfondato diverse linee di difesa delle forze armate ucraine. Secondo le prime informazioni, le forze russe stanno completando l’operazione di rastrellamento dell’area.

l paese di Kotlyarovka si trova a sud di Kislovka, dove le forze russe hanno preso piede nella parte orientale dell’insediamento. Le battaglie sono già in corso a 23 chilometri da Kharkiv.

Si prevede che il Ministero della Difesa russo dichiarerà il pieno controllo di Kotlyarovka nei prossimi giorni, dopo che l’area dell’insediamento sarà stata messa in sicurezza.

I militari ucraini stanno fuggendo dalle loro posizioni militari sotto i pesanti bombardamenti dell’artiglieria russa e i massicci attacchi aerei, nonostante l’ordine del comando militare ucraino di combattere fino all’ultimo. Kiev cerca di definire le sue sconfitte il necessario “raggruppamento tattico delle forze” e la “presa di posizioni preparate per la difesa”.
In realtà si tratta ri ritirata delle forze ucraine di fronte all’inarrestabile avanzata dell’armata russa.

Fonte: South Front

Traduzione: Luciano Lago